
E’ passato un anno e mezzo dall’inizio di quell’inferno da quale Sinisa Mihajlovic è fortunatamente uscito vincitore: la leucemia lo colpì con forza nell’estate del 2019, con l’allenatore serbo che comunicò a tutti il suo stato di salute.
La battaglia di Mihajlovic è stata lunga e, come prevedibile, costellata anche di momenti difficili: sensazioni ed emozioni che ha raccontato in un’intervista al Corriere dello Sport.
“Ammalarsi non è una colpa, succede e basta. Cerchi di reagire e ognuno lo fa a modo suo. Parlavo così per farmi coraggio: avevo paura e cercavo di darmi forza nell’unico modo che conosco. Combatti, non mollare mai. La verità è che non sono un eroe. E chi non ce la fa non è certo un perdente. Si tratta di una maledetta malattia, senza dottori non si va da nessuna parte. L’unica cosa che si può fare è non perdere la voglia di vivere: ora mi godo ogni momento, prima davo tutto per scontato. Contano solo la salute e gli affetti. La leucemia mi ha reso un uomo migliore“.
Il primo segnale di rinascita fu la sua presenza in panchina alla prima giornata dello scorso campionato: un Verona-Bologna rimasto nella memoria di tutti, per le immagini di un Mihajlovic sofferente ma comunque presente in panchina.
“25 agosto 2019, per la prima di campionato a Verona implorai i medici. Pesavo 75 chili, ero immunodepresso e rischiavo di cadere per terra davanti a tutti. Ma volevo esserci e dare un messaggio: quando mi sono rivisto davanti alla tv non mi riconoscevo, ma non ci si deve vergognare della malattia. Così ho cercato di far capire a tutte le persone del mio stato di non abbattersi, di provare a vivere una vita normale. Fossero stati anche i nostri ultimi momenti”.