Italia senza bandiera alle Olimpiadi. Un danno d’immagine per tutto il nostro sport

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Italia senza bandiera alle Olimpiadi – Il 27 gennaio 2021 probabilmente sarà ricordato come il giorno più buio nella storia dello sport italiano. Il CIO prenderà ufficialmente la decisione di escludere l’Italia dalle Olimpiadi.

Un danno di immagine incredibile che vedrà gli atleti azzurri gareggiare nelle varie discipline con il solo stemma del CONI ma senza tricolore perché non rappresentanti l’Italia. Niente inno, niente bandiera all’inaugurazione delle Olimpiadi e niente conteggio ‘ufficiale’ delle medaglie.

Un rischio che era evitabile, ma è stato causato da una Legge, approvata dal primo governo Conte (quello con Lega di Salvini, per intenderci), che ha istituito dapprima il Ministero dello Sport e della Salute togliendo l’autofinanziamento al CONI e rendendola statale.

Una decisione che già nel 2019, anno del decreto legge, fece discutere con ripetuti attacchi tra il Governo e il presidente del CONI, Giovani Malagò che aveva da subito paventato quello che fra 48 ore potrebbe accadere.

Il tricolore. Storia e origini della bandiera italiana

Italia senza bandiera alle Olimpiadi; ecco da dove nasce il problema

La legge di Stabilità del 2019, sancendo il principio dell’autofinanziamento dello sport, ha altresì stabilito che i contributi assegnati annualmente al Coni e alla neonata Sport e Salute sono parametrati al 32% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell’anno precedente.

Dei quasi 410 milioni di euro distribuiti l’anno pre-riforma, per esempio, ne sono andati al CONI appena 40, il 10%, contro i 360 versati a Sport e Salute.

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Lo sport italiano e la nostra storia potranno essere salvati? Difficile: servirebbe un decreto legge entro 48 ore che, vista anche la crisi di governo, sembra veramente difficile da attuare.

Perché l’Italia viene sanzionata

Nella prossima riunione, del Comitato Olimpico Internazionale, in programma (come detto) mercoledì 27 gennaio, l’Italia potrebbe essere sanzionata per violazione della Carta Olimpica. Un documento, composto da 6 capitoli e 61 articoli, che contiene un insieme di regole e linee guida per l’organizzazione dei Giochi Olimpici e il governo del movimento olimpico.

In essa sono definiti i diritti e i doveri dei principali componenti del movimento olimpico: il CIO, le federazioni internazionali, comitati olimpici nazionali e i comitati organizzativi per i Giochi olimpici.

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La riforma del 2019, dunque, si pone in contraddizione con la Carta Olimpica per due motivi: il primo è contenuta nel paragrafo 5 dei principi fondamentali, ovvero le “Organizzazioni sportive aderenti al Movimento olimpico devono essere politicamente neutrali”.

Il secondo all’art. 27 del paragrafo 7: “I Comitati olimpici nazionali devono preservare la propria autonomia e resistere a pressioni di qualsiasi tipo, incluse quelle politiche, giuridiche, religiose o economiche che potrebbero impedire loro di adempiere alla Carta Olimpica”

I rischi concreti per l’Italia

Gli atleti italiani, se il 27 gennaio dovesse essere confermata dal CIO la volontà di estromettere l’Italia dalla confederazione, non potrebbero gareggiare sotto la bandiera italiana ma come Atleti Olimpici Indipendenti

Nessun portabandiera, niente tricolore, non verrebbe suonato l’inno di Mameli e i successi non verrebbero conteggiati nel medagliere. Oltre a ciò, potrebbero partecipare solo gli atleti a titolo individuale e non le squadre.

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Infine, il CIO potrebbe decidere di non rilasciare accrediti ad un Comitato olimpico sospeso, ciò significherebbe niente Olimpiadi nemmeno per dirigenti e giornalisti italiani. Evidente, dunque, lo spaventoso danno d’immagine per il nostro Paese.

Se in poco tempo nessuno interverrà sarà una figuraccia globale. Un danno d’immagine incredibile per il nostro Paese che nel 1946, nell’immediato dopoguerra, fu tra gli Stati considerati più virtuosi e avveniristici lanciando l’idea del Totocalcio, un sistema di scommesse sportive, i cui proventi erano destinati per la maggior parte all’auto-finanziarizzazione del CONI.