
Intervista Floro Flores: continuano gli appuntamenti con FantaMasterTV, il format che vi sta tenendo compagnia in queste giornate in diretta sulla nostra pagina Instagram.
L’ospite di quest’oggi è stato l’ex attaccante fra le altre di Genoa e Udinese, che ha parlato a cuore aperto di ogni tipo di argomento legato al calcio.
E tra il calcio scommesse, i rapporti burrascosi con alcuni allenatori e le squadre alle quali è rimasto più legato, Floro Flores è stato molto diretto e non le ha mandate a dire a nessuno.
Questi i punti principali dell’intervista a Floro Flores.
EMERGENZA CORONAVIRUS – “Passo il tempo con i bambini, cuciniamo, un po’ di palestra. Io più che altro invento piatti, mi piace molto e mi rilassa. Ho cercato di fare uno scherzo a mio cognato nei giorni scorsi, ma qualcosa è andato storto (ride ndr). L’ho voluto condividere sui social per sdrammatizzare un po’ in questo momento, c’è qualcuno che non l’ha capito e non ha apprezzato. Mi piaceva l’idea di condividere qualcosa di simpatico. Da piccolo ero appassionato di play-station e videogiochi, adesso meno. Preferisco passare il tempo con la famiglia o uscire un po’”.
RITIRO DAL CALCIO – “Purtroppo ho un’età in cui bisogna capire quando il corpo non ce la fa più. A Caserta ho avuto tanti infortuni e non potevo godermi tutta la settimana, avevo perso un po’ la serenità perchè alla fine di ogni allenamento avevo sempre dolori. Mi ero ripromesso di smettere nel momento in cui non sentivo più quella voglia e quello è stato il momento giusto per smettere”. “
ESORDI NEL CALCIO – “Io vengo da un quartiere difficile a Napoli e per me il calcio è stato tutto, la mia fonte di vita. A costo di prendere gli schiaffi da mio padre, ho sempre dato la precedenza al pallone. E’ stato difficile, la mia famiglia a stento veniva a vedere le mie partite perchè doveva lavorare e non sono riusciti a convincermi a continuare anche gli studi. Con i miei figli non sto facendo lo stesso errore, la scuola è importante. L’aspetto positivo è stato quello di non avere particolari pressioni dalla famiglia e sono sempre stato libero nelle mie scelte”.
PRIME PARTITE AL NAPOLI – “A casa mia erano tutti tifosi del Napoli e si mangiava pallone e olio. Mio padre è passato da insultare i giocatori che sbagliavano alla tv a giustificare ogni mio errore. Ho esordito all’improvviso a 17 anni, contro la Roma e tornato a casa mio padre è scoppiato a piangere. All’esordio non ho avuto particolari emozioni, ma la prima al San Paolo contro il Milan non si può spiegare. Gli scalini che ho fatto per entrare in campo pesavano tantissimo, mi sembrava di avere la gente sulle spalle. Quando sono tornato a casa c’è stata una festa incredibile nel mio rione”.
NAPOLI – “Il primo gol l’ho fatto in Serie B contro il Cagliari, non si può spiegare cosa vuol dire segnare per la propria città. E’ qualcosa di indescrivibile. Con il Napoli ci siamo lasciati in malo modo, la società è fallita e mi hanno dato in prestito alla Sampdoria. Con i soldi miei hanno finito la stagione, poi sono tornato ma c’era una società nuova e mi hanno mandato via dicendo che ero io a non voler accettare. L’inizio è stato tanto bello, quanto è stata drastico l’addio. Sono andato via in silenzio per rispetto dei tifosi e della mia città, ma il rapporto con i tifosi non è stato facile. Ho dovuto subire dei brutti episodi a Napoli, ma è stata la mia forza e mi ha fatto venire la voglia di dimostrare che si erano sbagliati”.
UDINESE – “Il primo gol in Europa contro il Borussia Dortmund è stata una casualità perchè non dovevo neanche giocare. In quell’Udinese eravamo in tanti, in uno stadio che ti fa un effetto incredibile. Quando ho fatto gol non ci credevo, in Coppa Uefa contro una squadra del genere, era tutto strano”
FANTACALCIO – “La gente mi rompeva le scatole dalla mattina alla sera con il Fantacalcio. Mi chiedevano gol, voti belli. A parte gli scherzi è un bel gioco che rende i tifosi partecipi e si crea un sfottò tra amici e compagni. Io non l’ho mai fatto, sono troppo competitivo e avrei dovuto trovare un modo per vincere a ogni costo”.
NO ALLA JUVENTUS – “La decisione di non andare alla Juventus era basata sulla voglia di essere protagonista e giocare. Non mi interessava il blasone della squadra, sarei voluto arrivare a queste grandi squadre dalla porta principale. A me interessava la mia carriera, volevo trovare spazio e quindi sono rimasto all’Udinese. Avevo la sensazione che a Torino sarei stato un attaccante di scorta”.
GUIDOLIN E GRANADA – “Dopo un anno al Genoa molto positivo, sono tornato a Udine ma non andavo d’accordo con Guidolin. Onestamente non l’ho mai stimato e non lo stimerò mai, è una persona falsa e spero che i miei figli non vengano mai allenati da una persona così. Sono andato al Granada per scappare da lui, ma è stata un’esperienza difficile. Ho fatto fatica ad ambientarmi, soprattutto con la mia famiglia in una nazione nuova. E’ stata una scelta sbagliata, anche se come squadra mi sono trovato benissimo. Non ero pronto per andare all’estero in quel momento”.
SARRI E CONTE – “Con altri allenatori mi è capitato di non avere un buon rapporto, ma ho sempre avuto rispetto per tutti. Tranne Guidolin che mi ha pugnalato alle spalle e non stimo. Mi piace molto Sarri perchè è partito dal basso e si è guadagnato tutto sul campo, esprime un tipo di calcio che se avesse allenato in Spagna sarebbe nelle grandi squadre già da 20 anni. E’ un malato cronico di calcio e conosce ogni giocatore. Anche Conte è così, di lui mi ha impressionato l’ossessione per la vittoria. Quello che ha portato all’Inter in pochi mesi ti fa capire il tipo di persona che è. E’ una persona diretta che ti dice le cose in faccia, anche io in un futuro da allenatore vorrei essere come lui. A me piacerebbe essere un amico dei calciatori, ma si deve mantenere un certo rispetto. I giocatori devono capire chi è l’allenatore e chi è che decide”.
AREZZO – “Quando giocavo ad Arezzo ero un po’ ribelle, ho la cultura del marciapiede. Per me la libertà contava più di ogni altra cosa. Sarri aveva la fobia delle scarpe nere, non voleva scarpe colorate. Io avevo lo sponsor Adidas che ogni 2 mesi mi mandava un paio di scarpe nuove di ogni colore e quindi non volevo cambiarle. Ma alla fine ha vinto lui e ho dovuto indossare le scarpe nere. Con Sarri ho avuto un grande rapporto, un po’ tipo padre e figlio che litigano ma si vogliono bene”.
SQUADRE DEL PASSATO – “Genoa, Sassuolo, Udinese, Bari: sono legato a queste società perchè mi hanno sempre dato la possibilità di giocare. Ho fatto buone stagioni in queste squadre. Poi l’Arezzo in Serie B che mi ha portato nel grande calcio e Napoli che è la squadra della mia città. Se mi tagliano le vene, esce il sangue blu. Ricordo con affetto anche la Casertana in Serie C, mi sono trovato bene con loro. Il Chievo? Mi devono ancora dei soldi, lasciamo perdere…”.
CALCIOTTO CON TOTTI – “Ho capito che cos’è un campione quando ho giocato con lui. E’ stato bellissimo, mi ha impressionato la sua voglia di vincere nonostante stesse giocando a calcetto. Anche io sono così, non voglio perdere neanche una gara di palleggi con i miei figli. Quando fai competizione, cresci con questo concetto in testa: vuoi sempre vincere”.
IDOLI D’INFANZIA – “Il mio idolo da bambino era Shevchenko, è stata anche la mia prima maglietta. Poi sono arrivate anche quelle di Cannavaro e Baggio, sono stato fortunato”.
CALCIOSCOMMESSE – “Non lo so se il calcio si pulirà mai. Spero che quello che è successo in passato, non accada più ma queste cose succedono ancora oggi. Noi facciamo lo sport che amiamo, guadagnamo soldi, possiamo permetterci quello che vogliamo. Chi si vende le partite è malato di gioco e deve essere radiato. Prima di fare queste cose dovrebbero pensare a chi guadagna 1500 euro al mese. Spero che si sia fatto tesoro degli errori, perchè queste cose offendono anche noi che facciamo parte di questo mondo. Mi chiedo come sia possibile vendere una partita, è grave. Per me chi ha venduto una partita, non dovrebbe più far parte del mondo del calcio”.