
Un tifoso juventino, ogni anno, almeno una volta sfoglia l’album dei ricordi e tendenzialmente lo fa oggi, il 9 novembre. Quando Del Piero compie gli anni ti devi fermare e rivivere tutte le emozioni che, l’ultimo “vero” numero 10 bianconero, ti ha regalato.
Sei piccolo hai poco più di tre anni, ma vivi con un nonno tifoso bianconero. Lui non ti racconta le favole della buona notte, no, per quelle c’è la nonna o la mamma, lui, ti narra di Sivori, Charles, Platini, Scirea… Ti addormenti, sognando di diventare come uno di loro e farti amare in ogni angolo del mondo.
Poi, un giorno, all’improvviso i protagonisti cambiano, o meglio, vengono affiancati da un altro eroe, un altro campione: Alessandro Del Piero.
Lui, però, è giovane, eppure pensi: – Deve essere proprio forte se così presto è già nella cerchia dei Campioni -.
Cresci, scopri e senti i “grandi” che lo venerano, lo acclamano, capisci che se gli dedicano un coro come “Il Fenomeno Vero è Alessandro Del Piero!” allora è invincibile, può fare tutto quelle che vuole con la palla tra i piedi.

Cominci a bramarne la maglia, dai calci al pallone in giardino pensando di essere lui e palla al piede, corri, superi un sasso, due, tunnel al cane e insacchi la palla dritta nella casa del vicino, ovviamente, con tanto di vetro rotto.
Le urla, però, provenienti da quella casa non sono di rabbia, ira, ma di gioia, liberazione e provengono da lontano quasi come un eco è il Delle Alpi che grida il nome del loro beniamino.
Passano gli anni e assisti alla sua evoluzione. Ti accorgi che oltre agli avversari deve combattere contro la stampa, eh sì, perché l’eroe non può essere tale se non sconfigge e si misura contro i più forti.
Lo vedi cadere e rialzarsi dopo un infortunio.
Lo vedi piangere, come un bambino, dopo un gol a Bari perché anche lui aveva il suo eroe, anzi super-eroe, che, improvvisamente, lo aveva lasciato pochi giorni prima.
Ricordi tutto di quel momento: il nonno che non voleva entrasse perché una brutta prestazione avrebbe dato adito alla stampa di criticarne le capacità tecniche, ma sentivi che avrebbe dato un calcio alle male lingue. E infatti: testa bassa, dribbling, area di rigore, gol e lacrime.
Lo vedi commuoversi e reagire, allo stesso modo, per il suo padre adottivo, l’avvocato Agnelli, a lui dedicò un gol di tacco al volo.
Lo vedi segnare gol bellissimi, talmente belli, da meritarsi il nome del loro esecutore “gol alla Del Piero”. Un destro a giro che, inesorabilmente, si insaccava sul palo opposto.

Lo vedi dare tutto per la maglia azzurra, ma non ottenere mai il riscontro dovuto e di cui sarebbe meritevole. Finale di Euro 2000 sbaglia un gol clamoroso che costa all’Italia la Coppa. Piangi anche tu assieme a lui, perché sei italiano, perché sei juventino, perché sai che la colpa, alla fine, come sempre sarà solo sua e di nessun altro.
Lo vedi andare in panchina senza mai una polemica con il suo allenatore e capisci che il silenzio tante volte, vale più di mille parole.
Lo vedi vincere un Mondiale. E’ criticato perché avulso dal gioco, ma sai che la fascia destra non è competenza sua e quindi, come lui, attendi l’occasione giusta. Semifinale contro la Germania, 1 a 0 per l’Italia, Cannavaro recupera al limite dell’area di rigore, la dà a Totti che la passa a Gilardino e pensi che la terrà lì vicino alla bandierina, ma poi vedi Alex Del Piero correre, veloce come una gazzella e affamato come un leone e ruggisce al suo compagna “Passamela!”, detto fatto, pallone tra i piedi e gol. Impazziti, tutti, gli italiani, tu e lui.
Lo vedi scendere in Serie B per l’amore verso la sua Signora , combattere, vincere, tornare in A e ancora una volta t’insegna a non mollare, MAI.

Lo vedi ricostruire una Storia, una Squadra, segnare gol come quello allo Zenit, in Champions, e ricevere una standing ovation dal Bernabeu, un Templio, ma nessun titolo. Credi che sia finita. Invecchia, bene, come un buon vino, ma non tornerà mai sul gradino più alto del podio, ma poi ti stupisce, ancora.
A 37 anni, però, se ne sta mesto in panchina a guardare gli altri giocare, lui però è sempre lì, l’eroe di questa bellissima storia, pronto a segnare gol pesanti come contro la Lazio o l’Inter. E gridi, forte come lui, perché un po’ come lui soffri a vederlo in panchina, un po’ perché come lui hai la sensazione di tornare a vincere dopo sei lunghi e interminabili anni.

Lo vedi, commosso, dire addio alla sua gente, in casa sua, lasciando in tutti le stesse sensazioni che suscitò nell’esercito degli Achei l’addio alle armi di Achille dopo la lite con Agamennone. Eh sì perché lui non voleva andarsene, sarebbe rimasto, ma Agnelli aveva in mente un altro percorso da far intraprendere alla sua Juve senza Alex. Lui va a Sidney.
Lo vedi itinerare alla ricerca di una donzella da aiutare, ormai tutti lo acclamano, ma nessuno urge del suo aiuto. Saluta, così, il calcio giocato, ma un Campione lo vedi anche da questi particolari: non ha mai detto addio al calcio perché lui e il calcio non si diranno mai addio.
Lo vedi cosa vuol dire essere Alessandro Del Piero? Essere ricordato da tutti, al di là dei meriti sul campo, per cosa hai passato e per cosa hai insegnato alle nuove generazioni. Un Campione così si merita tanto affetto, ogni anno, il 9 novembre.
Auguri Alex