
Mattia Caldara si racconta a cuore aperto attraverso una lettera inviata alla pagina Facebook “Cronache di spogliatoio”. Un viaggio nella sua vita e nell’incubo che ha iniziato a vivere dal settembre 2019, dal quale ora sta finalmente uscendo grazie alla sua forza di volontà e al Venezia che gli ha offerto una nuova chance per rilanciarsi. Per il calciatore il gol segnato alla Roma nell’ultimo turno di campionato ha avuto il sapore della liberazione, dopo gli ultimi anni vissuti ai box a causa dei tanti (e gravi) infortuni patiti. Una rete che mancava da 3 anni, 10 mesi e 26 giorni. “Un tempo infinito”, come lo ha definito lui stesso.
“Ne avevo proprio bisogno. Più dell’ossigeno”. Il difensore, acquistato a giugno 2018 dalla Juventus che poi due mesi dopo lo ha girato al Milan in cambio di Leonardo Bonucci, attualmente è una colonna portante della retroguardia neroarancioverde tuttavia tornare ad alti livelli non è stato facile per lui. Con i rossoneri, di fatto, non ha giocato (appena 2 presenze) ed anche l’esperienza vissuta all’Atalanta non è stata felice. “Mi contattò per darmi un’opportunità. Mi dissi che tornare lì, dov’ero cresciuto, dove conoscevo già il modo di giocare, mi avrebbe aiutato a reinserirmi più velocemente, sentendomi a casa. La prima cosa da recuperare era la testa, fracassata di insicurezze fisiche”. E dire che l’inizio era stato incoraggiante.
“Appena arrivato, gioco titolare a 19 mesi di distanza dall’ultima volta. 19 mesi di tristezza: tornavo la sera, a casa, e non sorridevo più. In quelle settimane gioco anche in Champions League contro il Valencia. Penso che sì, sono tornato. Ci siamo quasi. Dai”. Poi, invece, ecco il nuovo problema fisico che lo costringe a restare ai box. “Scatta il lockdown e quando ripartiamo, ci cado di nuovo: il tendine rotuleo mi tradisce. E lì finisco nel baratro. Calvario è una parola subdola, cattiva, ma è quella che racchiude al meglio quello che stavo vivendo. Mi sono guardato allo specchio, quasi in lacrime”. Da qui la decisione di cambiare il proprio stile di vita, anche perché i continui stop avevano iniziato a minare la sua autostima.
Caldara parla degli infortuni vissuti negli ultimi anni
Un processo durato molto. “Cercavo questo errore in ogni parte di me. Mangiavo più verdura, curavo minuziosamente il riposo. Iniziai un percorso interiore insieme alla mia compagna, Nicole. Il magone mi stritolava, ciò per cui avevo vissuto si stava sgretolando. Avevo perso oltre due anni di carriera, cercavo di isolarmi dal mondo esterno ma per vie traverse qualcosa mi arrivava. Ne sentivo di tutte, mi davano per finito. Se in quelle sere ho pensato di smettere? Sì, una volta sì. Una mezza volta. Quando non riesci a venire a capo di una situazione da tanto tempo, la soluzione più estrema di sembra la migliore”. A tendergli la mano di cui aveva bisogno ci ha pensato il Venezia: “Mister Zanetti e il direttore vengono a casa mia per convincermi, trasmettendomi una fiducia immensa, una fiducia che neanche io nutrivo più in me stesso. Quando li saluto e chiudo la porta, mi volto verso Nicole e le chiedo: «Saresti disposta?». Sorrise: «Mattia, facciamolo»”.